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Pier Luigi Bellini è nato a Palaia presso Pisa. Già alle scuole medie disegna e dipinge. Frequenta in seguito corsi di pittura ed incisione. Fa uso di diverse tecniche, secondo i periodi: dalla china su tela al pastello, all’olio, allo smalto. In tempi recenti approda al “nuovo affresco” - come ama chiamarla - una tecnica di sua invenzione, per la quale mescolando colori in polvere a cemento e gesso, si ottiene una pasta che dona corposità e rilievo alle figure. Ha esposto nelle maggiori città italiane ed estere ed ha all’attivo oltre 140 personali. Le sue opere si trovano in musei, collezioni pubbliche e private. Delle sue opere si sono interessati: Catalogo Arte Mondadori, Arte, il Quadrato, Elite, Catalogo d’Arte Moderna Italiana, Flash Art, Il Tirreno, La Nazione, Portobello, Master Magazin, Catalogo Top Art, Art Leader, Quadri e Sculture, Artnova, ecc. Di lui hanno scritto: Bruno Cosignani, Pierangelo Fabrini, Antonio Carannante, Mario Lepri, Tommaso Paloscia, Jolanda Pietrobelli, Angelo Marchi, Luciano Gianfranceschi, ed altri. Vive e lavora Calci in provincia di Pisa.



… il nostro “pisano” è un pittore libero ed accattivante; si definisce autodidatta, per modo di dire se si pensa che ha affinato attraverso opportuni corsi – l’incisione, l’affresco ed il nudo – che gli hanno permesso di essere gestore di quella libertà che infondo è la sua forza di sopravvivere laddove l’indifferenza per l’arte in genere, è un dato di fatto. Gli stimoli per la sua arte provengono, è evidente, dalle grandi maniere dei classici, ma il suo segno è un segno di modernità e di intuizione intelligente. Le sue tecniche testimoniano un approfondimento dell’estetica e della ricerca, che lo rendono fresco nell’esecuzione e rigoroso. E’ un modo di fare arte il suo, concepito in termini di linguaggio selettivo, scarno, che si basa su una caratteristica gamma cromatica. E’ una sua priorità fissare con garbo e immediatezza emozionale certe interpretazioni e re-invenzioni dei soggetti, recuperando umanità e poetiche malinconie. Infanzie lontane, memorie storiche, collaborano al mito linguaggio di questo “pittore libero”, che dagli esiti figurali ha capito valori delle astrazioni percorrendo il suo cammino nella magia espressiva. Di Jolanda Pietrobelli



Quelle di Pier Luigi Bellini sono soprattutto “invenzioni”, euritmiche composizioni che colgono alcuni aspetti della realtà facendoli assurgere ad elementi emblematici in un’atmosfera surreale. In esse l’apparente semplicità del segno grafico nasconde una meditata volontà di suscitare sensazioni, che spesso, al di fuori di stilemi formali, permettono di ricondurre a una liberazione dell’io altrimenti oppresso, nella dimensione quotidiana, da schematismi rigorosi ed ossessivi. C’è quindi, attraverso l’uso di tecniche di realizzazione diverse e la disponibilità a sperimentazioni nuove, una riscoperta di emozioni primitive negli accostamenti cromatici, nel segno talora netto, talora sfumato fino a sfaldarsi per loro variazioni di gradazioni divengono i simboli, istintivi e talora violenti, del messaggio che l’autore intende comunicare. Vi sono anche immagini tenuti e delicate fra i soggetti proposti da Bellini che evidenziano una poeticità attraverso simbologie indicative di una personalità legata a ben precisi assunti culturali. Si può dire che in Bellini c’è un continuo esperire, un ricercate sintesi ed effetti diversi in cui talora le forme o le cose rappresentate divengono echi di se stesse. Bellini non si propone di raccontare la realtà che lo circonda in modo oggettivo, quanto piuttosto di rappresentare la sua proiezione ritmica, che unifica in un proprio rapporto autonomo attraverso l’indagine interiore e la riconsiderazione del fenomenico. L’aggancio con i dati formali non è perso ma l’impianto cromatico e a costruzione dell’insieme sfuggono in modo del tutto personale alle consuete classificazioni, anche se qualche riferimento può ricordare le sperimentate scomposizioni e ricomposizioni dell’immagine. Da questo nasce un’armonia ed un racconto di singolare continuità – pur nei diversi mezzi tecnici utilizzati – evidenziato dall’intreccio di luci e ombre, che esprime il rapporto dell’autore col mondo, sofferto ma ricco di partecipazione attiva, naturale e coerente nella semplicità ispirativi e nella molteplicità dei sentimenti che animano costantemente il suo preciso impegno. Di Pierangelo Fabrini



Essere un artista oggi, comporta avere un corpus di conoscenze tali da giustificare le proprie scelte artistiche e creative, ricercare nelle profondità intime dei grandi artisti del passato o del recente XX° secolo, sondare ogni possibile strada che si è sviluppata o improvvisamente interrotta, capire le motivazioni che hanno spinto alcuni artisti, a scegliere dei percorsi rispetto ad altri. Credo che PierBellini sia per questo motivo un artista compiuto, dal momento che conosce approfonditamente tutta la storia e la produzione dell’Arte da autodidatta, capace quindi di non avere quell’ostinata e spesso viziata visione, che tende ad omologare la diversità del fare e del creare di ogni singolo artista. Si ritrova quindi una libertà, portata alla luce anche da altri importanti critici, che rivedono in lui un artista che ripropone spesso l’arte di altri artisti, e che la re-interpreta con la sua nuova tecnica denominata da Bellini stesso, “nuovo affresco”. Il colore ad olio o l’acrilico, ritorna ad essere polvere, come la condizione umana e mescolato in un impasto che unisce anche il cemento (altro elemento alchemico dei nostri giorni), crea una architettura tale da renderlo moderno e innovativo. In questo vive la sua tenacia, una costanza tale che gli permette di mescolare e rivisitare l’intera storia dell’arte, riportando la figurazione e il paesaggio in modo prepotente di fronte allo sguardo del critico o dello “spettatore”, dimostrando al tempo stesso quanto si può essere contemporanei, semplicemente cambiando le tecniche creative, senza dover scendere a inutili compromessi stilistici. PierBellini si consacra quindi tra gli artisti più innovativi, che la scena pittorica italiana ha donato al mondo in questi ultimi anni.. Di Federico Bellini

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